04/12/2008

Stalattiti e talloniti

Talloni di eroi greci, tallonati da Patrocli; alcuni di noi cedono a queste metafore .

Ci sentiamo pieni come lune in certi momenti, piccoli come puntini luminosi tra le grandi stelle quando salta la corrente. Non adesso però, almeno io. Sarà perchè sto scrivendo?

Non voglio uscire dal mio letto però, non voglio uscire dal semitato, forse dal seminario, non voglio abbandonare la coperta: voglio stare sotto coperta, come farebbe un Agamennone qualsiasi. Con la mia Elena, anche di Sparta, nel caso Troia fosse stata legalizzata da mago Merlin o da qualcuno che sia chic (chic-che-ssia).

Codardi, coi dardi avvelenati conficcati nella schiena, greca la mano che li piantò (suggerisce Omero), che lì pianse, perchè la vendetta non ridà achei, al massimo aculei, insanguinati.

Stalattitici, pronti a infierire sopra il primo elmo troiano. Appuntiti, come appunti con troppi punti, di sospensione per l'appunto, della patente, e patetici o patentici, se cerchiamo di far soldi mettendo velox per le bighe.

Achillidi con la tallonite e la fascia del dottor Gibaud intorno alla vita, e i guantoni, per schivare il colpo della strega e poi un giorno vincerne il premio.

Ettori o attori? Sicuramente protagonisti per vincere falsi pronostici. “Oh Atena mia bella perchè m'abbandoni?”. Un post-it appiccicato sulla fronte mi ricorda che siamo uomini e non dei...


Ipoteticamente tu: “Dei...? “Finisci la frase!”

Indubbiamente io: “Dei. Punto!”

Confusamente entrambi: “Ma dei che? Dei conigli, dei ladri, dei pokemon...?”

Indiscutibilmente io: “Dei... Tipo Zeus, Apollo, Silvio...”

Ammiccamente tu: “Ah! Bingo...”

Imbecillamente io: “Mai sentito...”


Rabdomanti d'affetto vicino ad una stufetta rotta o coricati sul divano a guardare Ballarò. Certe sere arrivano le undici e neanche me ne accorgo. Non servirebbe Ulisse per convincermi a partite per Troia (niente doppi sensi), non serve partire e basta a volte, per provare a piangere a pioggia.

Urlano le formiche ma noi non le sentiamo, eppure anche la loro ira può essere funesta.

Sarà, ma nessuno ne canta le gesta.

Priami, solo un po'.

Daii...

09/08/2008

Chissà, ch'ella non venga allo spettacolo...

Dimmi che non è sera, che non è Agosto. Dimmi che una riga è solo una riga e uno schiacciamosche ha maglie così larghe da lasciar passare una freccia. Lasciami dire che non è bello quello che scriviamo, perchè lo pesiamo; la mia nutrice non è un pesce solo perchè è femminile singolare. Potevano inventare un nome migliore per la bottarga.

Non vedo dove sia il problema se in una giornata ci sono ventiquattr'ore e qualche mese si accontenta di trenta giorni: mio padre si è sposato a trent'anni e non ne mai sofferto.

Passatemi anche il termine “soffuso” per indicare uno stato di fiacchezza dovuto alla spesa eccessiva di energia, e visto che in realtà, fuso lo sono veramente (so' ffuso), fungerò da fungo di emergenza nel caso dovesse scoppiare il caso, e diventare caos.

Non dico che sia colpa tua se a volte mi sento come una sedia, pronta a portare il peso dei telecomandi poggiati e dimenticati, se mi tocca placare il vibrare delle gambe tese. Tebe è quasi completamente distrutta, mi spiace, non volevo essere io a dirvelo.

Ripiegherò sulla magia allora, che dicono essere un'anomalia di sistema, più che una correzione della traettoria del nostro cammino, o della canna del nostro camino, o della canna del mostro marino, o della canna del mozzo Marino, o della canna mozza in lana merinos.

Non ho mai visto una foca, è strano lo so. Nemmeno Amedeo, eppure sa che le foche hanno un naso nero e tenero, commestibile forse, e che non hanno paura dell'acqua solo perchè è femminile singolare.

Non ho mai visto una foca monaca. Amedeo annuì.

Spiegazioni non riuscirei a darne sulla mia giocosità, inventerei difetti che non m'appartengono, imbriglierei teorie cavalcabili probabilmente, ma troppo gracili da poter reggere il peso della mia armatura.

Tu prova a dirmi che sono ancora io, che non vedo più in là del buio, che non ho trudi sulle mensole in camera mia.

Dimmi che ho gambe e mani così forti da poter stringermi ad un cedro e non cadere in questo Libano. Dimmi che non cadrò nella tentazione di strappare un quadrifoglio solo perchè è diverso, o di cambiare marcia se a volte sono su di giri. Dimmi che avrò un posto anch'io nel mondo, che alcune strade si possono percorrere a cuor leggero. Dimmi che ho ancora voglia di imparare, di svegliarmi la mattina, di guardare e non pensare che la mia mente mi porterà lontano oggi, non perchè l'ho voluto o cercato, ma solo perchè è femminile singolare.

28/05/2008

Marmellata #26

C'è del miele in Danimarca.
C'è del miele in Danimarca, non vi suona strano?
C'è del miele in Danimarca, me l'ha bisbigliato Winnie Pooh, quello che tieni penzolante al tuo telefono, come una scatoletta vuota legata alla marmitta in coda alla macchina degli sposi.
C'è del miele in Danimarca, non solo sirenette, altrimenti sarei rimasto con l'amaro in bocca, mentre ora, c'è solo qualche mora incagliata tra i denti.
C'è del miele anche nella tua credenza, popolare o meno lo so per certo, anche se fa freddo e le api non pungono, ma girano in tondo, sopra le teste di qualche neonato, appese a un filo di nylon; proprio come il tuo Winnie Pooh.
C'è miele e miele, Danimarca e Danimarca, anche se credo si assomiglino un po' tutte le nazioni del Nordeuropa. Sbaglio forse nel dirtelo adesso che ti sei annessa alla Svezia.
C'è un po' di Danimarca nel miele, lo diceva la Nonna. C'è un po' di te e di me in questa smielata Danimarca, quasi a dire che in fondo non siamo così diversi, benchè tu sia Ariel e io l'Ape Maia.
C'è del miele, che sa diventare acre come la fiele, se la Danimarca non lo sa apprezzare; vorrei solo che la marmellata non ne soffrisse oltremodo.
C'è chi è, e chi non è sicuro. Sicuro che finchè ci sarà Danimarca, ci sarà sempre un goccio di miele ad addolcirla; finquando la mia mano riuscirà a sollevare un cucchiaino, e la tua bocca ad accogliere un fiore, tra mille, Silvestre.
D.

Al cielo.

13/04/2008

Me ne andrò da Andromeda.

Scriverei sopra una collina ligure se ne avessi l'occasione, con le gambe incrociate e la schiena ricurva, solo per ricordarmi che il freddo non è un compagno di viaggio, ma solo un passeggero che quando arriva a destinazione si alza senza disturbare. E tu continui nel tuo viaggio, che a volte ti sembra solo un girotondo, a volte solo un viaggio senza ritorno, con poche speranze di incontrare qualcuno che ti invogli a scendere anche solo per po'.
Le stelle sono più vicine a guardarle dalla collina, sono più spendenti. La loro luce arriva a te prima delle loro parole. Le stelle devono essere ragazze, altrimenti non avrebbe senso dedicar loro tempo, oppure un gioco, un film, da guardare quando gli amici non escono la sera. Ho due ipotesi su di loro che riconducono entrambe alla medesima teoria: le stelle non esistono.


Ipotesi N°1

Le stelle sono un difetto generalizzato del campo visivo umano, probabilmente causato dal manifesto ipnotico del PDL o dalla sola locandina di Bondi.


Ipotesi N°2

La Warner Bros, dal 1968, ogni sera, ad orari variabili (a seconda di quanto scritto sul diario vela di Duffy Duck), irradia un fascio blu scuro verso l' alto che di tanto in tanto gira su se stesso, e meschinamente, nell'ultimo periodo, s'è scordata di pulire la lente del proiettore causando così piccole impurità chiare nella volta celeste. Questo spiegherebbe che gli avvistamenti U.F.O. non sono altro che piccoli insetti che si imbattono nel raggio, e che le stelle cadenti, la scia che lasciano le sigarette dei tecnici che passano davanti a quest ultimo. La sede della W.B. è collocata sotto la stella polare, per questo ci sembra punti sempre il nord, e le costellazioni non sono certamente niente di più che manifesti pubblicitari per bibite o capi d'abbigliamento; come ad esempio quella del Toro riferita alla Red bull®, dei gemelli a Robe di Kappa®, del leone alla Lonsdale® ecc.. Secondo voi, perchè le magliette dei Carmal Rams si vendono così bene ultimamente? Molto presto sarà possibile intravedere la sagoma della Brambilla in intimo da notte sventolante la bandiera del PDL accanto alla galassia di Andromeda.


Il mio compagno di viaggio siede sulle mie gambe ora. Il battere sui tasti è la sua voce, e anche se a volte gli si stacca il tasto “M”, difficilmente penso che mi darò del “MorMone” o del “Macedone”. Strano, come allora, come un anno fa, che non riesca a scrivere quella parola. Non è “Mantide”, ne “Molibdeno”: fa rima con “Mimosa” e se dicessi “rosa” la troncherei, ma non è un fiore e non è giallo.
Spero che l'Asus non abbia lesinato sui pezzi di ricambio, spero che non ci metta troppo tempo arrivare questo tasto (dolente?), prima che, come tanti, mi convinca ad imparare il trucchetto del Copia-Incolla.


Dedicato a chi sta per partire per Andromeda e a chi schiaccia tasti come schiaccerebbe pisolini, ultimamente.


P.S.
Succede tutto in Aprile. Io lo so il perchè.