17/09/2007

Joyce

Prefazione.

Il seguente post è stato scritto 3 settimane fa e quindi non rispecchia il mio attuale stato d’animo.
Lo pubblico per salvare dalla noia, la vita ad un amico.
Non ha un preciso significato.



Mi guardo negli occhi e mi odo cambiato. Cambiato nelle viscere, nei sentimenti, nel sentimentalismo sviscerato che da sempre custodisco per ricorrenze negoziate il giorno dopo.
Tronco e rammendo, la notte e non sempre, quando le immagini passano senza bisogno di essere pensate; solo ammirate. Molte volte mi addormento ridendo. Sogno spesso.
Sogno di una bambina che parla piano con la madre, mentre rileggo il giornale di ieri.
Aspetta nella mia stessa sala azzurra l’arrivo del medico. Sorride e mi guarda incuriosita, sembra felice, mi distrae, parla dei compiti di scuola. L’ascolto attento, come ascolterei lo stridere dei freni del treno mentre passeggi sulle rotaie, immobile, quasi cado dalla sedia; che strani effetti i nuovi antidolorifici. Abbozza un passo di danza e mi si ferma dinnanzi. Mi fissa per un secondo con i suoi occhi arrossati dall’influenza, ma ancora abbastanza verdi da scardinare il più sicuro dei cassetti della mia memoria. Le sostengo lo sguardo.
“Perché sei qua?”, domanda.
Subito la signora la riprende.
“Non disturbare il signore Evy”
Io le rispondo comunque: “Perchè inciampo tra i passi di chi vorrei strare molto vicino, e così, cadendo, mi faccio del male.”
Sentite le mie parole, la piccola torna dalla madre. Le sussurra qualcosa all’orecchio, poi dalla borsa estrae un pennarello blu. Stappa e ritorna; mi chiede di aprire la mano ed io non esito nel gesto.
Disegna una stella stilizzata e terminata, la ripete nel suo palmo.
Sussurra: “Non la perderai chiusa nel tuo pugno. Io farò la stessa cosa.”, e detto questo se ne va correndo lungo il corridoio.
Ributto allora lo sguardo sul quotidiano e neanche m’accorgo che i caratteri sono divenuti illeggibili, le frasi scivolano sulla carta ingiallita, le virgole somigliano a zampe di formiche indaffarate. La mia mente è il loro torso di pane.

“Le Nazioni Unite stampano nasi rossi sui dirigibili che si spostano starnutendo”

è ciò che a fatica riesco a leggere: maledetti antidolorifici.
Getto il giornale nel cesto nello stesso momento in cui il medico esce dalla porta.
“Il prossimo… S’accomodi”.
Il cuore comincia a pompare forte ma i battiti non aumentano. Mi alzo con moltissima fatica.
“Si sente male?”
Passa un treno alla finestra.
Il dottore s’avvicina. L’orologio cambia data.
Ingoio.
“No.” Mi guardo la mano, sorrido, me ne vado.

2 comments:

dami84 said...

E' pur sempre la stessa ruota che gira.

erol said...

Avevo aperto cinque blog e mi chiedevo da dove cazzo venisse Karma Police.

è stato bello. Peccato sia già successo.
Tienici informati.